L’inclusione delle persone sorde in Italia: il rischio di un passo indietro

«Il rischio è quello di alimentare fattori di discriminazione ed esclusione, cioè di un passo indietro rispetto ai progressi realizzati negli ultimi anni in Italia per l’inclusione sociale delle persone sorde e sordocieche, a cominciare dal fatto che il modello scolastico italiano non obbliga la frequenza nelle scuole speciali degli alunni con disabilità sensoriale». È a partire da questa premessa che il vice-presidente della FISH e presidente nazionale FIADDA, Antonio Cotura, ha riferito oggi, 15 giugno, rappresentando la Federazione Italiana Superamento Handicap nel corso della audizione informale che si è svolta alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati nell’ambito della proposta di legge: “Riconoscimento della lingua dei segni italiana e disposizioni per la tutela delle persone sorde e dei loro figli, l’integrazione sociale e culturale e la piena partecipazione alla vita civile”.

Cotura ha spiegato ai parlamentari che «la proposta di legge in questione, fin dalle prime valutazioni, è rivolta nella sostanza al riconoscimento della Lingua italiana dei Segni in funzione ed a vantaggio di determinate categorie professionali quali interpreti LIS, ricercatori, docenti e psicologi esperti in questo ambito». E per questo, il vice-presidente della FISH ha lamentato il fatto che le proposte normative in questione «sono molto lontane dalla promozione dei diritti delle persone con disabilità uditiva e in particolare dei diritti dei bambini sordi»; elogiando, di contro, il modello attualmente esistente, il quale, secondo Cotura: «nella presa in carico da parte della società del bambino audioleso ne garantisce l’inclusione scolastica e sociale al pari di altri coetanei».

Nel corso della stessa audizione, Antonio Cotura, ha aggiunto che «in Italia il movimento delle persone con disabilità non può concordare che esista una comunità fondata su una specifica tipologia di disabilità, per questo la FISH non ritiene di poter condividere i dettami delle proposte di legge oggi all’esame della presente Commissione, così come sono state formulate». E poi ha concluso così: «riconoscere dunque la LIS, quale lingua della minoranza culturale e linguistica ovvero della comunità delle persone sorde, apparirebbe oggi anacronistico e fuorviante, creerebbe uno stigma negativo e discriminatorio per le persone sorde che invece si vorrebbero e dovrebbero tutelare».

Oltre il dissenso, le proposte «Sarebbe auspicabile che nell’interesse di tutte le persone sorde venissero potenziati, su tutto il territorio nazionale, i servizi di diagnostica precoce, abilitativi e di assistenza alla persona, compreso l’impiego della LIS, quando è richiesta», dichiara il presidente della FISH, Vincenzo Falabella, tracciando la strada da intraprendere, la quale risiede, secondo Falabella: «nell’abbattimento delle barriere della comunicazione, attraverso tutte le innovazioni tecnologiche adeguate e finalizzate all’inclusione anche sociale e lavorativa e nella valorizzazione di ciò che di positivo ha prodotto l’esperienza italiana, soprattutto, in riferimento alla inclusione scolastica». Quello che è certo, però, ha concluso Falabella: «è che non servono soluzioni speciali, le quali rappresenterebbero un pericoloso ritorno al passato che noi tutti rigettiamo, piuttosto, nel produrre le politiche occorre riferirsi a quello che già esiste, cioè ai principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità».

 

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