Lavoro e disabilità: 55 anni dopo lo Statuto, diritti ancora negati

A 55 anni dallo Statuto dei Lavoratori, il diritto al lavoro per le persone con disabilità è ancora largamente disatteso. I numeri parlano chiaro: solo il 18,3% è occupato, contro il 63% della popolazione generale. Un divario del 44,7% che racconta una realtà di esclusione strutturale, ben lontana dalla narrazione di un’Italia inclusiva. Il quadro è ancora più allarmante se si guarda ai giovani con disabilità. Il 66,7% è fuori sia dal mondo del lavoro che della formazione. Per le donne il tasso di occupazione è fermo al 17,8%. Al Mezzogiorno la percentuale precipita al 14%. Ma anche chi lavora, spesso lo fa in condizioni penalizzanti. Il 40,5% è impiegato in mansioni non qualificate, il 34% è costretto a un part-time involontario, e solo il 12% accede a ruoli specializzati. Un sistema che, quando non esclude, ghettizza.

Le cause sono profonde. Dai pregiudizi culturali a percorsi formativi non accessibili. Dai servizi per l’impiego inadeguati alla legge 68/99 che mostra i segni del tempo. Ma non mancano le buone pratiche. Le imprese inclusive sono più produttive, più innovative, più capaci di attrarre e trattenere talenti. L’inclusione funziona, quando è sostenuta. Per questo FISH torna a chiedere un Piano nazionale per l’occupazione delle persone con disabilità. Incentivi mirati, fondi per l’accessibilità, riforma dei servizi per l’impiego, orientamento e formazione di qualità. Il costo dell’esclusione, oltre 15 miliardi di euro l’anno, è insostenibile. Ma il prezzo umano, fatto di vite negate, è incalcolabile.

“Non è solo una questione di quantità, ma di qualità del lavoro. Serve un cambio di paradigma che metta fine all’assistenzialismo e riconosca finalmente il valore delle persone con disabilità come lavoratrici e lavoratori, portatrici di competenze, talenti, esperienze. In un Paese che invecchia non possiamo più permetterci di lasciare indietro nessuno. L’inclusione lavorativa non è una gentile concessione, ma una necessità economica, e soprattutto una sfida di civiltà. Finché non si vedranno risultati concreti, ogni statistica continuerà a raccontare una sconfitta collettiva”. A dirlo il presidente FISH, Vincenzo Falabella.

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